Il dolore nell'esperienza del parto
Il dolore è una condizione della vita con cui ci si rapporta
con difficoltà, non capendone il significato si cerca in ogni
modo di evitarlo, e questo per certi versi è anche comprensibile.
Se tralasciamo per un attimo il nostro contesto socio-culturale e rivolgiamo
la nostra attenzione alla società primitiva dove tutti gli eventi
erano correlati ai cicli della natura, e dove la nascita e la morte
non rappresentavano una condizione definitiva ma piuttosto un passaggio,
la sofferenza era considerata una condizione integrante dell’esperienza
umana. I passaggi evolutivi e di crescita personale erano accompagnati
da rituali e spesso da sofferenza. Il dolore e la paura venivano considerati
come mezzi per raggiungere la parte più profonda di sé
e di conseguenza ottenere il cambiamento.
Nella società attuale la vita è
completamente scissa dal ciclo naturale.
La sofferenza e il dolore suscitano paura e il corpo viene vissuto
prevalentemente in funzione della sua estetica e del suo benessere,
piuttosto che in relazione alle sensazioni che trasmette. Tutto ciò
si riflette anche sul modo di porsi della donna di fronte all’evento
della nascita del proprio figlio (nonostante la tecnologia e il progresso
delle scienze mediche sviluppino sempre più un senso di onnipotenza,
la donna di fronte a questo passaggio rivive le stesse incertezze, ansie
e timori che hanno sempre accompagnato la nascita).
Ancora oggi nella nostra società la nascita del proprio figlio
continua a simboleggiare una sorta di iniziazione, una trasformazione
della propria identità accompagnata da desiderio e paura, da
dolore e piacere. La paura maggiore è rappresentata dalla realtà
di fatto; la donna non può esimersi dal passaggio rappresentato
dal parto, che la nascita del proprio figlio comporta, a cui non è
data possibilità di scelta: è obbligato. In tutto ciò
la donna può decidere se accettare di confrontarsi con sé
stessa in questa esperienza, che rappresenta non solo la nascita del
figlio ma anche la propria rinascita in un nuovo ruolo: quello di madre.
Ciò che caratterizza il dolore del
travaglio è la sua ritmicità che induce la donna
a rivolgere l’attenzione in modo sempre più intenso a quello
che succede al suo interno. È un viaggio nel profondo dove ci
si confronta con le paure, i limiti, il timore di non farcela, ma dove
è possibile scoprire anche le proprie competenze nascoste, nuove
risorse e un’energia fino a quel momento sconosciuta.
Se confrontarsi con il dolore suscita angoscia e paura, contenerlo e
conviverci permette di riconoscere in sé la propria forza e potenza,
e quindi l’opportunità di crescita nell’assumersi
nuove responsabilità e capacità di porsi positivamente
e con fiducia nei confronti del dolore che domani diverrà esperienza
anche del proprio figlio.
Il parto rappresenta un avvenimento peculiare
nella vita di una donna, e la trasformazione insita in questo
evento, si manifesta sia nel proprio corpo che si apre fisicamente che
nel proprio stato di coscienza. Non dimentichiamo che il ventre, oltre
ad essere il luogo dove si esprime questo processo creativo è
anche la sede delle sensazioni più profonde, che induce a rispondere
istintivamente ai messaggi e alle richieste del corpo, siano essi di
piacere che di dolore. Durante il travaglio di parto il bisogno è
quello di allontanarsi dalla mente per lasciare che il corpo segua i
propri ritmi naturali e spontanei. Ci troviamo così di fronte
a un’esperienza emozionale molto profonda che comporta una regressione
alle sensazioni più semplici e primitive ( che si esprimono con
mugolii, lamenti, mormorii). Ma accanto al bisogno di abbandonarsi c’è
il timore di perdere il controllo e di essere incapaci a gestire la
situazione. Questa paura deriva in buona parte dal contesto socio-culturale
in cui la donna vive. Seguire l’istinto non è cosa facile
se, nella vita quotidiana, ci si deve comportare in modo totalmente
diverso, dovendosi adeguare agli schemi sociali che richiedono principalmente
di reprimere le proprie parti istintive-emotive a favore di quelle mentali-razionali,
dove non ci si può concedere alcuna fragilità e cedimento
perché verrebbe vissuto come una minaccia alla propria immagine.
Dare alla luce un bambino rappresenta un’occasione molto importante
soprattutto riguardo l’autonomia della donna, e il parto che è
il momento conclusivo del processo creativo, la riguarda personalmente,
per dirlo in altre parole, lei ne è la protagonista.
Per questo mantenere viva la propria attenzione sull’evento e
sulle proprie capacità di viverlo attraverso le molteplici sfaccettature,
è più edificante rispetto al sentire solo il dolore. Chi
a differenza demanda la gestione del proprio parto completamente al
personale che l’assiste, disconosce le proprie competenze e potenzialità
in quanto donna, di vivere e gestire questo evento in modo attivo.
Non dimentichiamo che il dolore fisico che accompagna la fase del travaglio
e del parto porta con sé un insieme di sfaccettature di natura
psicoaffettiva. Il parto scandisce la prima separazione reale
tra madre e figlio e come conseguenza la risoluzione della
simbiosi che ha caratterizzato per tutta la gravidanza la relazione
fra i due. Ciò può evocare nella donna delle ansie di
perdita di una parte di sé identificata nel bambino, che in tutto
questo periodo ha rappresentato il suo inseparabile compagno. In parte
le ansie riguardano anche la perdita del senso di potenza, di pienezza
e benessere vissuti durante la gravidanza ma, in particolare la donna
si trova a dover rinunciare al bambino fantasticato per confrontarsi
con il bambino reale, e contemporaneamente abbandonare il suo ideale
di madre per assumerne il ruolo nella relazione con il neonato.
Il dialogo e un buon legame fra la donna e il proprio bambino durante
i mesi di gestazione, permette alla madre di riconoscerlo in quel momento
come soggetto anche lui impegnato nel prepararsi, attraverso la ritmicità
del travaglio che è la caratteristica del dolore da parto, al
movimento del respiro e alla dualità che caratterizzerà
la sua esperienza umana.
Un’altra componente psicoaffettiva che si cela dietro al dolore
da parto riguarda la scissione dell’unità duale dove il
bambino diventa uno e la madre torna ad esserlo. Questo inevitabile
passaggio può essere vissuto da ogni donna con intensità
diversa e un carico di inquietudine che deriva dalla ricerca di una
nuova propria identità.
Numerosi sono i fattori coinvolti nella percezione e nell’elaborazione
del dolore. Essi riguardano il contesto socio culturale di appartenenza
della donna, i vissuti e le esperienze che hanno caratterizzato la sua
storia, le caratteristiche di personalità, le sue fantasie relative
al dolore. Inoltre, la durata del travaglio, la stanchezza, la paura
verso procedure ostetriche invasive, possono rendere il dolore del parto
meno sopportabile.
a cura della Dr.ssa
Anna Maria Barbero
Psicologa, Psicoterapeuta, Milano
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