Il diventare genitore può essere visto come un momento
di crisi che comporta l'elaborazione di una serie di cambiamenti, di
timori e, alle volte, anche di angosce collegate alle vicissitudini
della realtà esterna e del proprio mondo interno affettivo, questa
elaborazione costituisce quello che si può definire il "lavoro
del diventare genitori".
Le fasi iniziali di questo processo evolutivo possono essere individuate
nel momento in cui la gravidanza diventa un evento consapevole per la
donna e per l'uomo: da questo momento il rapporto tra i due coniugi
contiene in forma più stabile la presenza di un terzo elemento
rappresentato dall'immagine del figlio. Iniziano così quei processi
di attesa fondamentali per i successivi sviluppi dei rapporti parentali.
Nella coppia, cioè, cominciano a strutturarsi quelle dinamiche
di adattamento che permetteranno ai due partner di evolvere da una situazione
diadica ad una fase di riadattamento a tre. Questa, che secondo alcuni
autori è una vera e propria crisi d'identità, porta a
un processo di riassestamento globale della personalità attraverso
l'emergenza di fantasie di emozioni legate a fasi precedenti di sviluppo.
La maggior parte delle ricerche e degli studi su questa fase di sviluppo
della coppia ha soprattutto privilegiato il problema della maternità,
probabilmente anche per motivi di ordine medico, fisiologico e preventivo.
Esiste infatti una vasta letteratura sul significato e gli effetti psicologici
della gravidanza e della nascita sulla donna, ma pochi riferimenti ai
loro effetti sull'uomo. Mentre nessuno dubita che la maternità
rappresenti un momento cruciale nell'evoluzione psicologica della donna,
il vissuto normale della paternità è stato curiosamente
trascurato e costituisce ancora un "continente nero" da esplorare.
Probabilmente la fondamentale diversità, biologicamente determinata,
tra uomo e donna ha portato a considerare la funzione materna come "più
biologica" rispetto a quella paterna, forse sentita come "più
sociale".
Il padre ritorna figlio
L'interpretazione psicodinamica della paternità vede il padre
nuovamente in una posizione triangolare, come era nel rapporto coi propri
genitori, nella quale gli altri due poli, questa volta, sono occupati
dalla moglie e dal bambino. La chiave di lettura di questo secondo triangolo
è offerta dalle specifiche esperienze che il padre ha vissuto
come figlio nel primo triangolo nel rapporto col proprio padre e la
propria madre.
Facilmente allora la moglie viene vissuta come madre che dedica tutte
le sue attenzioni al bambino privando il compagno dell'amore. Questo
sentimento è tanto più evidente quanto più nel
rapporto di coppia la donna gioca un ruolo materno nei confronti dell'uomo,
soddisfacendo così i suoi bisogni di dipendenza. La capacità
della donna di essere gravida, partorire, allattare suscita nell'uomo
sentimenti di invidia e gelosia verso la generatività femminile
sentita come onnipotente, soprattutto nella messa a confronto con la
propria incapacità di procreare. L'uomo infatti non assiste nel
suo corpo a tutta quella serie di cambiamenti di forma e biologici,
tipici della gestazione; la distanza percettiva tra futuro padre e feto
sottolinea come il bambino sia una cosa esclusiva della moglie che lui
non potrà mai avere. Da tutto ciò possono nascere conflitti,
mossi dalla rivalità, che prendono origine prima di tutto da
identificazioni femminili dell'uomo.
Da una parte quindi il padre, attraverso l'arrivo del figlio, risperimenta
la propria nascita e infanzia, "normali" regressioni che il
futuro padre deve operare in vista di una reale "comprensione"
del figlio e dei suoi bisogni. Dall'altra, in quanto il bambino lo separa
dalla moglie-madre, si presta a essere vissuto o come padre, così
come era nell'antico rapporto coi suoi genitori, oppure come fratello
(sibling rivalry), col quale dover competitivamente condividere l'affetto
materno; il bambino-intruso prenderà il suo posto di fronte alla
moglie-madre, proiettando quindi su di lui i propri desideri edipici.
Ad acuire questo senso di esclusione, molto spesso interviene quel ripiegamento
emotivo su sé stessa che la donna opera in maniera narcisistica
durante la gestazione e che priva l'uomo della libido oggettuale, precedentemente
rivolta verso di lui. Tutto ciò può contribuire a creare
nell'uomo un senso di insicurezza circa le sue "competenze"
sessuali. E' di comune osservazione un'interruzione, o comunque una
diminuzione, dell'attività sessuale durante il periodo della
gravidanza che se nella donna è spesso motivata da un senso di
appagamento per l'uomo, si lega soprattutto con il timore di "far
del male al bambino" e tale preoccupazione si riacutizza con la
percezione dei movimenti fetali del 4º mese di gestazione.
C'è comunque nella nascita di un figlio il coinvolgimento di
tre generazioni: quella del nonno, del padre e ora del figlio. Se da
un lato il padre teme di essere punito da suo padre per aver parzialmente
realizzato dei desideri proibiti, dall'altro teme che il figlio nutra
verso di lui i suoi desideri. Questa identificazione dell'uomo con il
padre comporta comunque l'orgoglio per la propria virilità, finalmente
egli può assumere quel ruolo tanto desiderato e ciò scatena
in molti uomini un maggior senso di responsabilità verso la famiglia.
L'uomo, in questo caso, veste i panni del protettore e del provvidente
ai bisogni familiari, soprattutto di ordine materiale. Alcuni autori
riscontrano molto spesso, a livello di realtà, un aumento degli
impegni di lavoro se non addirittura un cambio nel tipo di lavoro (e
ciò viene a volte interpretato come un acting, una fuga).
a cura di
Dr.ssa Marisa Farinet
Vice direttrice della rivista "Nascere"
Prof. Ferruccio Miraglia
Direttore della rivista "Nascere" e presidente della S.I.P.P.O.
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